Oggi il Corriere della Sera ha pubblicato una foto e una lettera che voglio condividere con voi:
Il suo nome? Non lo conosco! La sua età? Nemmeno! Seduta, lo sguardo fisso, tra le sue mani stringeva forte un sacchetto di plastica all’interno un succo di frutta ed una merendina, poi un quaderno e dei colori dono dei volontari di Ercolano. Lei è uno dei 54 tra donne e bambini che hanno raggiunto l’Italia grazie ad un autobus messo a disposizione dall’associazione Uniti per la Vita che ha raggiunto la frontiera tra Ungheria e #Ucraina. Tutto quello che le accade intorno sembra rumore di sottofondo. Le voci dei suoi compagni di viaggio, il click delle macchine fotografiche, il vociare dei giornalisti e quello dei volontari della croce rossa non la infastidiscono, né la distraggono dei suoi pensieri. Forse quei rumori paradossalmente la rassicuravano! Non sono colpi di arma da fuoco, non è il rumore assordante della sirena antiaereo, benché meno quello dei carri armati. La guerra è lontana, ma sembra essere così tremendamente viva nei suoi pensieri. Che colpa ha? Cosa le si può imputare? Che errore ha commesso?